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Giuseppe Ragnateladi Giuseppe Ragnatela

Lo Stato italiano identifica i “minori stranieri non accompagnati “ con l’acronimo Msna: sono i minori che si trovano “per qualsiasi causa sul territorio privi di assistenza o  rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili”. In Italia, al 31 agosto, se ne contano 8944 (dati del Report Nazionale a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Sono prevalentemente di sesso maschile (94,9% ) e hanno età  compresa soprattutto tra i 15 anni e i 18 anni. Sono accolti soprattutto in Sicilia (34,1%),Calabria (9,7%),Lazio (9,3%), Puglia (8,5%), Lombardia (8,3%) . In Italia il numero dei minori stranieri non accompagnati è aumentato notevolmente negli ultimi due anni: a fine 2012 erano 5821, oggi sono 8944. Ai minori regolarmente registrati e presenti, vanno aggiunti i 5434 irreperibili, ovvero i minori per i quali è stato segnalato un allontanamento dalle strutture o dalle famiglie di accoglienza. Sono minori identificati al loro ingresso in Italia e poi svaniti nel nulla. Il dato non deve stupire: l’immigrazione oggi, anche quella dei minori, è molto più strutturata di un tempo. Chi arriva qui ha già chiara in mente la destinazione finale. Quando un ragazzo scompare,naturalmente scatta la denuncia: è difficile, in ogni caso, che chi ha affrontato un viaggio del genere si faccia fermare a un passo dalla meta, che sia una città del Nord Italia o un Paese del Nord Europa. I ragazzi arrivano soprattutto da Egitto (22%), Albania (12,7%) e Africa Sub-sahariana (Eritrea, Gambia, Somalia, Nigeria, Senegal. Spesso fanno ingresso nel territorio nazionale accompagnati da figure parentali di riferimento (genitori, fratelli, zii) che, una volta avuta la certezza della presa in carico da parte dei servizi sociali dei Comuni, fanno rientro nel Paese di origine. Sanno bene che l’Italia ha ratificato la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (1989): i minori, anche se entrati in Italia in modo irregolare, non possono essere espulsi, tranne che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato. Chi manda qui i propri figli come capitale di investimento, spesso ignora l’enorme rischio che cadano in reti di sfruttamento.

Sulle pagine de “La Stampa” la giornalista Lidia Catalano ha raccolto le testimonianze  di operatori e minori presenti nelle comunità di accoglienza di Torino. Un filo conduttore lega le storie raccolte: tutti i minori sono sospesi tra la speranza di un futuro migliore e il rischio di finire intrappolati nelle reti dell’illegalità e dello sfruttamento.

Il sacerdote don Mauro Mergola ha messo in piedi,ormai da dieci anni, l’oratorio multietnico San Luigi, nel cuore del quartiere San Salvario a Torino. Ha incrociato le storie di oltre 300 minori stranieri non accompagnati: descrive i ragazzi di cui si prende cura come ”poveri e pericolanti”.

Icham è un ragazzo egiziano arrivato in Italia, attraverso la Libia nel 2009, a bordo di una carretta del mare. Oggi è un punto di riferimento per i minori accolti nella comunità San Luigi a San Salvario (Torino). “Mi svegliavo tutte le mattine alle 5 - racconta - giravo in pullman tutto il giorno, bussavo a qualsiasi porta, a Torino e in provincia. Spesso rientravo a sera a mani vuote, ma sereno. Avevo fatto la mia parte, al resto avrebbe pensato Dio. Una ditta mi ha offerto un contratto di tre mesi come decoratore e piastrellista …; la sera mi portavo a casa le piastrelle, mi esercitavo a tagliarle con la massima precisione…, ora  ho  un contratto per cinque anni “. Icham  è un ragazzo che ispira fiducia e per questo don Mauro gli ha chiesto di tornare in comunità, qualche ora al giorno, per dare una mano a chi arriva oggi con le stesse paure e gli stessi sogni che aveva lui ieri. “Qui faccio le pulizie, qualche lavoretto di manutenzione, ma soprattutto sto con i ragazzi. Si confidano con me, mi vedono come un fratello maggiore. Cerco di metterli in guardia dalle persone sbagliate, da quelli che promettono guadagni facili con attività  come spaccio, furti, rapine, ricettazione” .

“Casa Nomis” è una comunità specializzata nell’accoglienza degli stranieri che arrivano dal circuito della giustizia minorile a Rivoli (Torino). Mouhamed vive qui e la sua è la storia di chi inciampa e trova la forza di rialzarsi. E’ arrivato dal Senegal in aereo, nel maggio 2013, a 17 anni.  A Torino è atteso da un gruppo di connazionali che lo avvia allo spaccio. Finisce in mezzo a una retata della polizia e quindi davanti a un giudice, che ne dispone il collocamento in comunità. Passa poco tempo, scappa. Torna sulla strada e la polizia lo ferma ancora. Con l’aggravante della recidività si aprono le porte del carcere minorile . Qualche mese dopo il giudice gli concede un’altra possibilità, un periodo di “messa alla prova”, ancora a “Casa Nomis”.  “Era cambiato - racconta Emanuela Gioia, l’educatrice che dal 2008 coordina il progetto - Aveva deciso di chiudere con le vecchie compagnie. Ha iniziato a seguire i corsi di italiano, a fare volontariato in un centro diurno per disabili, a frequentare una palestra”. Mouhamad ha finito il periodo di prova. Ora dovrà comparire di nuovo davanti al giudice. “Ha fatto un percorso incredibile, sono certa che il reato sarà giudicato estinto e potrà riavere il suo permesso di soggiorno”. In otto anni Emanuela Gioia ha assistito oltre 80 ragazzi: “È sempre così - dice - chi vuole continuare a delinquere scappa subito. Chi resta, lo fa perché crede in una strada alternativa. Chi resta, dopo aver abbattuto il muro della diffidenza, racconta storie di paura, di vergogna, di forte sofferenza fisica”. “Regrediscono, fanno i capricci, vivono l’infanzia che è stata loro negata. Spesso, piangono. Tu lo sai quanto fa male tenere in bocca gli ovuli di hashish?”.

A Torino in piazza della Repubblica, a pochi metri dal mercato di Porta Palazzo, è stato inaugurato a fine luglio 2015 “Civico Zero”, il centro diurno per minori stranieri di Save the Children. “E’ il terzo in Italia, dopo Roma e Milano - spiega Marco Cappuccino, coordinatore nazionale del progetto - In pochi mesi siamo diventati un punto di riferimento, grazie all’enorme collaborazione con l’istituzione pubblica.  I ragazzi arrivano qui con un grosso debito sulle spalle, quello contratto con i trafficanti di uomini: 4-5mila euro. E hanno un mandato forte dalle famiglie: spedire soldi a casa, tanti, più che possono. Per questo vivono lo studio come una perdita di tempo. È difficile trasmettere il valore dell’istruzione a chi non ha mai visto una scuola e non immagina nemmeno che lo sfruttamento del lavoro minorile sia un reato”.  
Report Nazionale. Minori stranieri non accompagnati (dati al 31 Agosto 2015).

http://www.lastampa.it/2015/09/27/medialab/webdocauto/icham-e-gli-altri-V9on7XtdWinDGnfP42XzrJ/pagina.html