L'angolo della storia

Fig.1 - Partenza per le colonie (1943)Anche quest’anno le ferie sono passate. Siamo andati in colonia, come ogni anno, chi al mare, chi in montagna (fig. 1 – 2). Molti di noi non erano contenti di partire e lasciare i genitori, ma poi una volta arrivati nel luogo di villeggiatura la tristezza si è via via diradata  e dissolta, come la nebbia della pianura, per lasciar spazio ai giochi sulla sabbia, ai bagni, alle camminate verso i rifugi. Anzi un velo di amarezza e di malinconia ci ha accompagnato verso il ritorno a casa .

Alcuni meno fortunati sono rimasti a casa, alle colonie fluviali. Il fiume è pericoloso, ma per fortuna c’era la Guardia in divisa, che ci controllava (fig. 3).

Ma quando è cominciata questa storia delle colonie? In Italia è cominciata verso la metà del XIX secolo. A quell’epoca, sulla base  delle sole osservazioni cliniche, si era fatta strada l’opinione, oggi peraltro confermata, che la elio - talassoterapia fosse in grado di ottenere effetti benefici su diverse malattie dell’infanzia quali:  il “linfatismo”, alcune forme di tubercolosi, la "rachitide",  la scrofola (considerata una varietà di costituzione linfatica predisponente alle affezioni linfoghiandolari a decorso cronico: sia di origine infettiva banale, sia tubercolotica) e molte affezioni cutanee.

Fig. 2 – Colonie Alpine Genovesi (1920)Per la verità già  lo Spallanzani  nel 1769 aveva ipotizzato un’azione benefica dei raggi solari, intuendone l'azione battericida. Esperimenti embrionali di elio – talassoterapia, poi, erano stati effettuati in Francia a Dieppe, ove nel 1778 venne istituita una "Maison de santè thermale marine”, ed a Magrate in Inghilterra, ove nel 1791 venne aperto un “Ospizio marino per l’infanzia”.

L’insieme di queste esperienze fece accrescere l’interesse per gli Ospizi Marini e spinse alcuni medici  ed alcuni filantropi  italiani ad adoperarsi per far sorgere stazioni di cura in prossimità delle spiagge della nostra penisola. Sebbene venga ricordato un piccolo ricovero marino a Viareggio  per i "Gettatelli", ovvero per i bambini esposti del Brefotrofio di Lucca,  già  nel 1842, il primo vero fautore in Italia per l’applicazione sistematica della elio – talassoterapia  può essere considerato il medico fiorentino Giuseppe Barellai (1813 – 1884) (fig. 4).

Il 12 Giugno 1853, presso la Società Medico-Fisica di Firenze, il Barellai fece un accorato appello nel quale sottolineava appunto l'utilità dell'elio - talassoterapia in alcune malattie dell'infanzia, in particolare nella tubercolosi e nel rachitismo, considerati una vera piaga degli strati sociali più deboli.

Fig. 3 – Bagni pubblici al Po con guardiano in divisa (1920)L’impressionante numero di bambini che ogni giorno il Barellai vedeva deperire e morire nelle tetre corsie degli Ospedali lo spinse a chiedere un "……provvedimento filantropico urgente a favore degli scrofolosi indigenti……" al fine di reperire adeguate risorse economiche  per la costruzione di un edificio da adibire a soggiorno marino sulle spiagge del vicino Tirreno.

Le proposte del medico fiorentino furono colte con favore dalla Società Fisico – Medica fiorentina e già dal 1856, grazie alla carità pubblica e privata, furono avviati alla elio – talassoterapia sulle spiagge della Versilia alcuni bambini scrofolosi e rachitici.

Fig. 4 – Giuseppe BarellaiMa il Barellai dovette attendere undici anni prima di vedere avverato il sogno di un Ospizio costruito appositamente per la cura climatica marina, portato a termine a Viareggio nel 1869, ma utilizzato dal 1867 (fig. 5). Molte altre città seguirono l'esempio del Barellai e quando questi morì nel 1884 gli ospizi italiani per la elio - talassoterapia  si erano moltiplicati.

Accanto alle colonie climatiche marine non vanno ovviamente dimenticate quelle montane, anche se la loro storia inizia un poco più tardi. Le prime  colonie alpine sorsero probabilmente in Svizzera nel 1876  per opera del Pastore zurighese Herman Walter Bion, autore nel 1901 di una pubblicazione dal titolo Die Ferienkolonien,  ed in Germania.  Nel 1881, sulla scorta dell’esperienza svizzera, il medico e filantropo lombardo Malachia De Cristoforis (1832 – 1915) fondò a Milano la “Società per la Cura Climatica” e l’anno successivo diede vita a quella che viene considerata la prima colonia alpina  italiana con l’invio di quarantacinque bambini poveri delle scuole meneghine nella località di Esino, alle pendici della Grigna.

Fig. 5 – Ospizio Marino di Viareggio (1867)Seguirono  la Colonia Alpina di Brescia nel 1884 (fondata dal Dott. Rodolfo Ridolfi ), la Colonia Alpina Cooperativa di Torino pei Figli degli Impiegati e dei Professionisti nel 1888, la Colonia Alpina Cremonese di San Colombano Val Trompia nel 1888 (fondata dal dott. Pericle Sacchi) e la Colonia Alpina pei Fanciulli Poveri presso l’Ospizio del Moncenisio nel 1892. In seguito all’istituzione delle colonie climatiche marine e montane scoppiarono non poche diatribe in seno alla classe medica per individuare quali bambini e quali patologie ottenessero maggiori benefici dall’una piuttosto che dall’altra terapia climatica.

Fig. 6  - Ricordo delle colonie. A. XII  (1934)Nel Congresso Pro Infantia tenutosi a Brescia nel 1904 venne alla fine istituita una Commissione formata dai medici Cattaneo di Parma, Grandi di Milano, D’Ancona di Padova, Todeschini di Mantova , Giulitti e Turlini di Brescia e Celli di Cremona , che “… studiasse il problema dell’unificazione d’indirizzo delle Cure Marine e Montanine …”. I risultati del lavoro vennero presentati al “I° Congresso Nazionale delle Associazioni per le cure marine e montanine“, che si tenne a Modena il 28 Ottobre 1906.  Le conclusioni salienti a cui giunse la Commissione furono le seguenti :

1)    l’età dei fanciulli avrebbe dovuto essere tra i 5 ed i 15 anni per il mare e tra gli 8 ed i 16 per il monte . Sotto i limiti sopra citati poteva risultare “…difficile l’applicazione del bagno salato e nociva spesso la vita di montagna….” (!).

2)    tra i fanciulli da inviare al mare dovevano essere scelti  i “……soggetti linfatici a scrofola torpida………, comprendendo pure  i rachitici e gli affetti da atonia gastro – intestinale…., escludendo le forme eretistiche , le oculari, le tubercolari e le ossee suppurative in atto “. Queste ultime avrebbero dovuto essere inviate invece alle cure climatiche salso – jodiche di Salsomaggiore .

Fig. 7 – Ricordo delle colonie. A. XIII (1935)3)    tra i fanciulli da inviare in montagna dovevano essere “….. preferiti gli anemici , i convalescenti da malattie esaurienti , i gracili…. con facile tendenza ai catarri…”.

4)    La durata delle cure non doveva essere inferiore a 30 giorni , “….. ma si deve prolungare il più possibile i benefici della cura marina e alpina se vuolsi ottenere per davvero risultati positivi e scientificamente rassicuranti per l’avvenire “.

5)    La necessità di nominare in ogni città una  Commissione Visitatrice (Pediatra , Chirurgo, Oculista e Dermatologo ) che avrebbe dovuto farsi carico di decidere dove e quali bambini inviare a terapia climatica ; la stessa Commissione avrebbe dovuto poi verificare gli eventuali risultati clinici.

La storia ci dice che dalla fine dell’Ottocento in poi  le colonie marine e montane hanno ottenuto uno spazio sempre maggiore e sono divenute sempre più numerose fondendo tra loro gli obiettivi terapeutici e quelli ludici e ricreativi. Da non dimenticare che le colonie hanno conosciuto momenti di vera gloria soprattutto, ad esempio, durante l’epoca del ventennio fascista, quando motivi di propaganda politica (figg. 6 - 7), ma anche e soprattutto  motivi sanitari, come sottolinea Giovanni Battista Allaria (tenuto conto  ancora una volta degli scarsi mezzi terapeutici a disposizione per alcune gravi patologie come quella tubercolare, la cui frequenza non accennava a diminuire), fecero sì che il regime fascista si impegnasse a fondo nell’attuazione delle strutture per le cure climatiche elioterapiche marine, ma anche montane e fluviali. Prima dell’inevitabile ridimensionamento, l’attività delle colonie proseguì a pieno ritmo anche  nel secondo dopoguerra e per tutti gli anni del cosiddetto boom economico. Sono certo che alcuni (molti?) di noi ne custodiscono un agrodolce ricordo !